La recente normativa sui Fondi Comuni Monetari (“FCM”) non è propriamente volta alla protezione degli investitori, piuttosto a quella del sistema finanziario e al consolidamento del mercato creditizio e istituzionale europeo; la protezione degli investitori ne è la conseguenza.
Gli eventi successivi al 2008 hanno mostrato come il settore dei FCM sia estremamente vulnerabile nei periodi d’instabilità dei mercati finanziari, determinando una crisi di liquidità che può avere conseguenze dirette sul sistema di finanziamento di enti ed amministrazioni pubbliche, enti finanziari e società.
Non intendo soffermarmi sulla definizione dei vari limiti d’investimento, sulla distinzione tra FCM a breve termine e FCM standard, né sull’ammissibilità di alcuni strumenti d’investimento a discapito di altri, vorrei piuttosto provare a mettere a fuoco alcuni punti che potrebbero rappresentare una novità nell’approccio alla regolamentazione dei prodotti finanziari in Europa; qualche spunto di riflessione su un provvedimento che solo recentemente ha definito una serie di regole comuni in un ambito così strategico per il nostro sistema economico come quello dei FCM.
Infatti, se il Regolamento 2017/1131 del Parlamento Europeo e del Consiglio (“Regolamento”) è il risultato della crisi finanziaria del 2008, possiamo solo sperare che in futuro le tempistiche decisionali europee si accorcino sensibilmente per fare fronte, non soltanto a eventuali turbolenze di carattere finanziario, ma anche alla continua evoluzione del mondo degli investimenti.
Ci sono voluti quasi dieci anni per completare un processo di negoziazione politica che stabilisca norme comuni per garantire uniformità e coerenza, in un settore che <fornisce finanziamenti a breve termine agli enti finanziari, alle società o alle amministrazioni pubbliche>, così recita la prima considerazione in apertura del Regolamento, e continua <finanziando tali soggetti, gli FCM concorrono al finanziamento dell’economia dell’Unione>.
Quasi dieci anni che sono serviti però per affermare con maggior forza che la responsabilità di ogni valutazione del rischio d’investimento è propria del FCM e del suo gestore, svincolandoli dal lacciuolo talvolta ingombrante delle agenzie di rating internazionali. Nel Regolamento si precisa, infatti, che ogni FCM deve dotarsi di procedure interne di valutazione per stabilire la qualità creditizia degli strumenti oggetto del proprio investimento, non potendosi basare <meccanicamente ed eccessivamente> sulle valutazioni delle agenzie di rating; queste ultime dovrebbero pertanto svolgere una funzione di complemento e supporto alle analisi del FCM.
Il termine “qualità” nel Regolamento assume una connotazione importante perché non è attribuibile soltanto alla valutazione economico-finanziaria dell’investimento, ma caratterizza anche l’attività svolta e le risorse impiegate dal FCM e dal suo gestore (art.19 e 20); definisce quindi l’ambito nel quale ogni attività, sia essa diretta o indiretta, deve essere inquadrata ed esercitata.
L’art. 27 del testo prevede poi a carico del gestore del FCM la responsabilità di conoscere i propri investitori e le loro esigenze di liquidità, l’avversione al rischio di ciascuno, nonché il grado di correlazione tra i diversi investitori; tutto ciò al fine di assicurare una gestione adeguata della liquidità del fondo e anticipare l’impatto che un eventuale riscatto di quote avrebbe sulla sua capacità di farvi fronte.
Il gestore deve mettere tutto in opera al fine di conoscere il proprio investitore, anche se quest’ultimo ha sottoscritto tramite un intermediario, il quale a sua volta dovrà dotarsi di procedure, risorse e conoscenze, per fornire al gestore le informazioni utili per la corretta e adeguata gestione della liquidità del fondo.
In linea generale, la capacità di anticipare le necessità del proprio cliente è l’elemento centrale del Regolamento. Da questo derivano a cascata tutti gli altri interventi volti a salvaguardare un settore strategico per la nostra economia.
Sono questi gli aspetti più innovanti e con maggior impatto sull’industria e sull’attività dei gestori; se così non fosse il provvedimento rischierebbe di essere letto come la cristallizzazione di quanto ci saremmo aspettati che già fosse in pratica.
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